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Il Monumento

Le stanze

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Sala dell'attesa

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La Sala dell’attesa introduce alle stanze nobili dell’appartamento del vicario. Completamente affrescato, l’ambiente accoglieva coloro che aspettavano di essere ricevuti ad udienza dal funzionario vescovile. La finta stoffa damascata a fasce alternate rosse e dorate ed il bellissimo fregio a grottesche, con putti, tralci di vite e cani di razza levriera, conferiscono alla sala eccezionale decoro ed eleganza. La scala a chiocciola, rivestita in legno di cirmolo, porta al secondo piano e alla Sala delle udienze.
La quadreria vanta opere – originali e in copia – di grandi pittori che influenzarono alcuni illustri allievi della Scuola fiemmese: Nicola Grassi (1682-1748) e, in particolare, Gianbattista Pittoni (1687-1767) di fondamentale importanza per la formazione dell’altoatesino Paul Troger (1698-1762). Quest’ultimo, originario di Monguelfo, assieme all’amico e collega Michelangelo Unterperger è ricordato tra i migliori allievi di Giuseppe Alberti.
L’intero apparato decorativo è stato realizzato con la tecnica dell’affresco. La pittura è stata eseguita direttamente sull’intonaco ancora fresco, cosicché i pigmenti si legano al supporto attraverso un processo chimico detto carbonatazione. La tecnica è estremamente difficile: non solo non ammette ripensamenti, ma non permette nemmeno di determinare la tonalità del colore a intonaco asciutto. La pratica, di origine antichissima, conobbe nel Rinascimento la sua massima fortuna. All’epoca gli artisti seguivano precisi passaggi per l’esecuzione: il disegno preparatorio veniva riportato a grandezza reale su un cartone, le linee di contorno venivano forate quindi si procedeva tamponando il cartone, appoggiato sull’intonaco fresco, con polvere di carbone. Quest’ultima, penetrando nei fori, tracciava sul supporto i margini delle figure, successivamente definite col colore steso a pennello. I tempi stretti delle stesura del pigmento obbligavano il pittore a dividere la composizione in diverse porzioni, non sempre cromaticamente omogenee e quindi spesso riconoscibili e identificabili nelle diverse giornate di lavoro.

Camera da letto del vicario

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La Stanza da letto del vicario vescovile è l’unica del palazzo a conservare il rivestimento ligneo originale; l’anno di esecuzione, 1539, è scolpito nell’architrave della porta d’ingresso.
La scelta del materiale, prima che da esigenze estetiche, è dettata da ragioni pratiche. Il legno, infatti, è in grado di assorbire l’umidità garantendo all’ambiente, destinato al riposo, un maggior calore.
Il soffitto a cassettoni conserva eccellenti brani scultorei raffiguranti angeli musicanti e corone d’alloro, simboli di sapienza e gloria. Al centro l’immagine dell’VNITAS, accompagnata da due coppie di rami di palma e alloro incrociati, denuncia l’ideale politico perseguito da Bernardo Clesio, principe vescovo di Trento dal 1514 al 1539.

Salone Clesiano

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L’ampio salone realizzato all’epoca del rinnovamento edilizio clesiano (1537-1539), è il più nobile ed elegante dell’intero complesso. Il nome di Sala delle Udienze rimanda alla secolare funzione di tribunale: qui il vicario, giudice del principe vescovo di Trento, amministrava la giustizia assistito dal Consiglio dei Giurati di Fiemme.
Bernardo Clesio dedicò particolare attenzione agli affreschi della stanza: il fregio a grottesca, di gusto rinascimentale, raggiunge in questo luogo l’apice della raffinatezza. Si articola in quattordici riquadri rettangolari popolati da figure fantastiche e putti giocosi posti su tralci di vite che costituiscono i corpi, vegetalizzati, di coppie di delfini accostati. In ogni campo si alternano le imprese clesiane: il fascio di sette verghe, simbolo dell’unitas e i rami di palma (la vittoria) e di alloro (il trionfo) incrociati.
La quadreria raffigura una serie di personaggi che ebbero fondamentale importanza nella storia del palazzo e della Comunità di Fiemme: principi vescovi di Trento, scari, imperatori e dignitari laici.

Studiolo

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Lo Studiolo del principe vescovo era il luogo di studio e riflessione. Seguendo la moda rinascimentale doveva essere ricco di arredi mobili e decorazioni. Oggi si conserva soltanto il ricco fregio decorativo: un trionfo di colore, movimento e luce.

Prigioni

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Il palazzo vescovile ospitava le carceri già dalla fine del Quattrocento. Le celle più antiche si trovavano al piano terra, in corrispondenza dell’ingresso attuale e nel piano rialzato visibile dal lungo corridoio.
Con la fine del principato vescovile di Trento, in seguito alle invasioni napoleoniche, il palazzo fu acquisito dal Governo Bavarese che dai primi anni dell’Ottocento lo trasformò in sede del Giudizio Distrettuale di Fiemme, Fassa e Primiero. Le carceri ottocentesche vennero utilizzate fino alla fine del secolo.

La collezione permanente

A partire dal XVII secolo, la valle di Fiemme ha dato natali a prestigiosi pittori esponenti di una tradizione artistica che prende il nome di Scuola Pittorica di Fiemme. Il suo primo importante esponente è stato Giuseppe Alberti che, a seguito di una brillante carriera artistica trascorsa sul territorio trentino, sul volgere del Seicento decise di tornare nella terra d’origine e dedicarsi all’insegnamento delle tecniche artistiche ai giovani talentuosi della zona. Aprendo le porte della propria casa ai promettenti artisti di Fiemme fondava, di fatto, la prima e unica bottega pittorica di tutto il Trentino.

La scuola pittorica di Fiemme
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Gli allievi forgiati nell’atelier dell’Alberti portarono avanti, rinnovandola, la tradizione figurativa del maestro, che poneva le proprie fondamenta nel tardo manierismo veneziano.

Il consolidamento dell’economia locale diede vita ad un crescente interesse, in termini di collezionismo, verso le opere d’arte: nel XVII secolo le commissioni di alcuni signorotti della zona diventarono infatti sempre più numerose ed esigenti. Cristoforo Unterperger, commerciante di legname e padre di quella stupenda generazione di pittori d’indiscussa fama e prestigio, si avvicinò all’arte sia come decoratore sia come collezionista. I suoi figli rinvigorirono notevolmente la tradizione artistica della valle e le loro opere, comprese quelle della loro collezione, sono oggi esposte nelle sale del Palazzo della Magnifica Comunità in un allestimento volto a ripercorrere le vicende di questa straordinaria tradizione pittorica.

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