Magnifica Comunità
di Fiemme
Il Palazzo, Museo Pinacoteca
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La tematica dei lavori legati all'esbosco e al commercio del legname nella Valle di Fiemme meriterebbe da sola una apposita e corposa pubblicazione. Anche se molto è già stato scritto, i documenti da esaminare sono ancora numerosi. I documenti più antichi a noi pervenuti aventi attinenza con lo sfruttamento del bosco risalgono al 1270; ma si vedano soprattutto gli Ordeni dei boschi del 1558 con correzioni del 1569 e quelli del 1592 (di solito allegati alle Consuetudini) riformati nel 1738, tutti ancora inediti.
Come è risaputo le vie del commercio del legname, il cui taglio era di solito appaltato ad imprenditori privati, erano quattro. La prima e più importante era la fluitazione lungo il torrente Avisio, la quale si concludeva ai vòdi di Lavis, iniziata in grande a partire dalla metà del Quattrocento era soggetta a tassazione fiscale sia da parte del principe vescovo che da parte del conte del Tirolo. La seconda, ma la più antica, era la normale via di terra su carri per la sella di S. Lugano fino ai vòdi di Egna, usata specialmente dai vicini della Comunità che commerciavano il proprio legname, per evitare in tal modo il pagamento del dazio vescovile. La terza e la quarta erano le due vie in direzione del territorio veneto attraverso i passi Valles e S. Pellegrino, usate normalmente per trasportare il legname dei boschi situati all'interno della valle, oltre Predazzo.
Non si deve scordare, però, che una piccola parte del legname veniva anche lavorato in valle per gli usi correnti: travi da costruzione, assi, attrezzi. Quindi era indispensabile la presenza di qualche segheria, come ci testimonia indirettamente il cognome Della Sega, documentato dall'inizio Quattrocento sia a Castello che a Predazzo. Da allora in poi abbonda la documentazione sulle segherie in Fiemme, situate parte sull'Avisio (a Ziano e a Castello) e parte sui vari torrenti laterali (Rio Cavelonte, Rio Stava, Rio Lagorai).
Un'attività che ebbe grande sviluppo in seguito alla forte crescita del commercio del legname fu quella del fabbro-maniscalco. La loro attività era indirizzata alla produzione di tutta l'attrezzatura necessaria per il taglio, la diramazione, la scortecciatura, il movimento, lo strascico e il trasporto del legname; oltre a ciò che serviva nelle segherie e per la costruzione dei carri. Era indubbiamente un lavoro che rendeva, anche perché, data la grande richiesta, il ferro lavorato aveva un elevato valore.
Tornando al legname, la quantità dei pezzi mercantili trasportati ogni anno era naturalmente variabile, ma raggiunse i valori massimi nel corso del Cinquecento, quando si può ipotizzare una media di 30.000 tronchi, con punte che toccarono gli 80.000. Una quantità ed un valore in denaro enorme, quasi incredibile tenendo anche conto delle modalità di lavoro dell'epoca. La frenetica attività, che favorì una forte immigrazione di mercanti e di manodopera, determinò un aumento del tenore di vita ed un conseguente aumento demografico.
Ma con simili quantitativi i boschi della Valle di Fiemme, il cui taglio allora non era programmato, furono rapidamente depauperati. Infatti nel 1580, quando per fortuna erano stati istituiti da parte dei conti del Tirolo degli organismi adibiti alla sorveglianza e regolamentazione delle selve, il conteggio dei pezzi mercantili ricavabili nei boschi della Comunità annoverava solamente 16.800 boroni e 363.500 bore, tutti però ormai situati in posti disagevoli e lontani dall'Avisio. Bisogna quindi riconoscere che il sistema amministrativo della Comunità, basato su cariche di nomina annuale, era inadeguato ad affrontare un simile compito, che richiedeva interventi di ampio respiro ed una programmazione pluriennale. Fu giocoforza affidarsi al sistema degli appalti, che se non altro costituivano un'entrata sicura; solo più tardi si prese coscienza che la ricchezza data dal bosco andava oculatamente sfruttata senza esaurirne la fonte.